Praticare sport aiuta la mente?

Si sa da anni che gli animali costretti a muoversi apprendono più facilmente e hanno più memoria. Adesso si comincia a capire che è così anche per l’uomo. Risonanza magnetica ed elettroencefalogramma vanno d’accordo nel far vedere che in chi fa attività fisica si attivano le aree del cervello che presiedono ai processi cognitivi (corteccia prefrontale e corteccia cingolata parietale posteriore quando si legge, e regioni del solco intraparietale e corteccia prefrontale per la matematica). Uno studio fatto in California qualche anno fa, ha fatto vedere che se i ragazzi fanno regolarmente esercizio fisico a scuola vanno meglio, in matematica per esempio, ma anche per le altre attività, e c’è più capacità di concentrazione.

La capacità di affrontare problemi matematici dipende sia nei bambini che degli adulti dal solco intraparietale, ma nei bambini serve anche un’altra area del cervello, la corteccia prefrontale destra nella sua parte dorsolaterale. Dal momento che se uno fa attività fisica si attiva la regione frontoparietale del cervello, era logico mettere in rapporto queste due attività e s’è fatto in diversi studi, due anche molto recenti. Con misure precise effettuate dall’Università dell’Illinois nel 2007 su 259 ragazzi dai 6 ai 14 anni, s’è visto che l’attività fisica migliorava i risultati della scuola in generale, e non solo, più si faceva attività fisica migliori erano i risultati raggiunti in matematica. Come mai?
Forse è perché arriva più sangue al cervello in particolare all’ippocampo che vuol dire più capacità di apprendere e più memoria. Più sangue al cervello serve a formare nuove cellule nervose e nuove connessioni fra i neuroni.
Gli scienziati hanno visto che nei roditori l’esercizio fisico aumenta il numero dei neuroni dell’ippocampo, non solo, ma i neonati di madri che hanno fatto esercizio fisico durante la gravidanza hanno più cellule nervose (nell’ippocampo) rispetto agli altri. È possibile che tutto dipenda da un fattore neurotrofico che i medici chiamano con la sigla BDNF (brain-derived neutrophic factor). Questo fattore si produce proprio nell’ippocampo ed è capace di far crescere le cellule nervose e prolungarne la sopravvivenza. Nell’uomo i livelli di BDNF nel siero aumentano dopo l’esercizio fisico.
Le cellule del cervello che si moltiplicano hanno bisogno di più nutrienti e questo stimola la crescita di nuovi vasi sanguigni. I vasi si formano in rapporto alla presenza di molecole capaci di stimolare l’angiogenesi come VEGF (vascular endothelial growth factor l) e IGFl (insulin-like growth factor l).

Questo è stato dimostrato sperimentalmente, se uno mette VEGF o lGFl nel cervello degli animali si formano nuovi vasi. L’esercizio fisico fa formare anche nuovi vasi sanguigni attraverso la produzione di VEGF e lGFl.
Tutte insieme queste ricerche dimostrano che l’esercizio migliora le capacità cognitive perché libera sostanze capaci di far formare nuovi neuroni e migliorare l’architettura del cervello. Ma quanto deve essere intensa l’attività fisica? E quanto spesso ci si deve muovere e per quanto tempo? E poi, non è mai troppo tardi per cominciare un programma di attivitò fisica? Forse no. E gli effetti devastanti delle malattie neurodegenerative si possono attenuare con l’attività fisica? Forse sì.